Le nostre città sono attraversate da tanti venti: antichi, nuovi e altri che non sappiamo ancora decifrare e interpretare.
Antichi, antichissimi sono i venti della violenza contro le donne, che continua a insanguinare e a rendere insicuri i luoghi pubblici e privati, le famiglie e le città.
Antichi sono i “venti di guerra” che, oggi come allora, radono al suolo con tecnologie belliche sempre più crudeli e raffinate intere città, le loro abitazioni, le strutture pubbliche e sociali, uccidendo persone, natura e cultura, riducendo alla fame e costringendo alla fuga le loro popolazioni.
Antichi sono i venti della rapina dei beni comuni (terra, acqua, aria), sottoposti all’assalto di speculatori a cui non fanno argine le istituzioni pubbliche che quei beni dovrebbero invece difendere e potenziare a favore della collettività.
Antichi sono i venti della città dalla vitalità tossica, dell’efficientismo che “non si ferma mai”, neppure di fronte al disastro ecologico e pandemico, del consumismo che consuma menti e immaginazione.
Nuovi sono i venti che guardano alla città come luogo dell’abitare femminile, costruendo una mappa che ne evidenzia, nei tempi e negli spazi, le strettoie accanto alle possibili libertà, affinché emergano le immagini dell’esperienza vissuta.
Nuovi sono i venti che mettono a tema la convivenza tra i sessi e le pratiche attente alla differenza sessuale, il nostro rapporto con la natura, il conflitto tra economia del profitto ed economia del desiderio, l’esperienza artistica con i suoi sguardi impensati sul presente, il prendersi cura e l’accoglienza, il lavoro certosino sul linguaggio.
Nuovi sono i venti che soffiano in direzione dell’importanza della “città immateriale”, quella fatta di relazioni, creatività, salute, sicurezza, di cui le donne sono esperte, “più giardiniere che progettiste, più pedagogiste che ingegnere” (Elena Granata, Il senso delle donne per la città, Einaudi 2023).
Nuovi sono i venti che spirano in direzione di ricostituire il legame sociale, con invenzioni abitative “collaborative” (il cohousing), con il ridisegno degli spazi pubblici e il potenziamento dei luoghi collettivi.
Da decifrare e interpretare restano i venti che parlano di tecnologie digitali, intelligenza artificiale applicata, che auspicano la “città intelligente”, le “smart cities”, con edifici digitalizzati, sicurezza garantita da telecamere onnipresenti, tecnologie interconnesse, modulari e multifunzionali per garantire efficienza nei servizi pubblici (mobilità, rifiuti, arredo urbano, amministrazione, turismo etc.).
Su tutti questi temi quali le nostre pratiche, le nostre parole, visioni, invenzioni simboliche?
Ecco il link per la connessione attraverso la piattaforma zoom:
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